L’otto giugno saranno due anni che – dopo quattordici e quattro mesi – la mia Dorothy non e’ piu’ con me. In questo tempo sono passata dal dirmi che non volevo piu’ un cane, a momenti in cui mi sembrava di non riuscire a sopravvivere senza un cucciolo.
Poi una notte, recentemente, dopo due settimane in cui Lilly era stata con me, durante le vacanze della sua famiglia, dormendo ai miei piedi, mi sono svegliata in piena notte, sfinita da un incubo e, alzandomi di scatto, sono andata a cercare Dorothy.
Quando ho realizzato che non c’era, ho pianto a lungo e ho lasciato la luce accesa, terrorizzata da quel buio intorno. Chi mi conosce sa che, come molti, combatto la mia quotidiana battaglia contro la depressione, che puoi “riconoscere” solo se non ha avuto la meglio e tu la stai tenendo a distanza con tutte le forze.
Questo non era peraltro il periodo migliore per prendere un cane (quando lo e’????) – con tanto stress che mi massacra in una nuova, ennesima, transizione, verso un traguardo che da dodici anni non perdo di vista nemmeno quando mi prende la voglia di morire. Raramente, ma capita.
Eppure ho scelto il canile dove andare (grazie Stephen Colbert!) e due amici si sono offerti di accompagnarmi. Sicura che sarei tornata a mani vuote, non ho comprato nemmeno uno snack. Quando sono entrata al North Shore Animal League, ho detto “andiamo via non posso scegliere”. I miei amici hanno finto di non sentirmi. Volevo un cane di un anno che non richiedesse molta fatica come i cuccioli: ovviamente non e’ andata cosi. Mi sono innamorata subito di uno con la faccia nera e vispa. Mi faceva un sacco di feste dalla gabbia. I miei occhi, pero’, all’improvviso, sono caduti su questo cucciolo immobile, disinteressato a tutto e con gli occhi tristissimi. Ho chiesto di prenderlo in braccio. Lui non si e’ mosso, ha solo appoggiato la testa sulla mia spalla. Due mesi di tristezza senza confine. Ho cominciato a singhiozzare: le lacrime rimaste nascoste in anni di dolore insopportabile, di solitudine tangibile, di tristezza inconsolabile. Altre persone, vedendomi cosi, hanno cominciato a piangere per pura empatia. Il processo per l’adozione ha richiesto un paio d’ore, un tempo che mi e’sembrato un’eternita’; poi quel tragitto in auto, con lui sempre immobile e un po’ tremante. Arrivato a casa, tuttavia, si e’ lasciato andare a una felicita’ intensa e incontrollabile e la nostra vita e’ stata, contestualmente, travolta dall’amore dei nostri vicini, degli amici e della famiglia che ci hanno regalato il recinto per quando e’ solo, giochi, soldi e offerte di baby sitting. E ancora dobbiamo fare una presentazione ufficiale!!!!!!
La sera stessa – l’ho registrato sul sito della citta’ di New York: Sir Benedict Archibald Vitaliano. Il suo nome e’ un omaggio a, Barack Obama, per sempre “Sir” nel mio cuore, a Benedict Cumberbatch, femminista e al Baby Royal, nato pochi giorni prima.
La sua vita e’ molto pubblica: e’ una star di Instagram e Facebook e ha un suo diario (quasi) giornaliero e, ovviamente, io mi sento costantemente tirare le orecchie da chi mi dice che sbaglio tutto e che dovrei fare diversamente: non fare i vaccini contro fai mille vaccini; non chiuderlo nel recinto quando esci, non lasciarlo solo, non rimproverarlo, non fargli fare cio’ che vuole… io sorrido. Ho avuto un cane per 14 anni e quattro mesi e ho finito di ripagare la carta di credito pochi mesi fa per tutte le spese accumulate per combattere la sua malattia. Vivo quotidianamente fra i cani e li amo piu dei bambini (no non me ne vergogno). Eppure sono sommersa quotidianamente da “giudizi e critiche”. E, ripeto, sorrido e continuo a condividere spezzoni della mia vita con questo adorabile monello.
Oggi, mentre lavoravo, ho pensato che fra qualche mese, con un po’ di fortuna, ci sara’ la neve. E vivere, viverla con Sir Benedict Archibald, sara’ una gran figata.