E’ bastato togliere le ultime restrizione di movimento perche’ tutto ritornasse come prima.
Fino ad ora era stato imposto una specie di coprifuoco: i negozi dovevano chiudere ad una certa ora e gli autobus non potevano circolare oltre un determinato orario. Mi e’ bastata questa sera fare un giro veloce per la citta’ per fare delle commissioni per capire, che quello che in Europa chiamano il nuovo normale, qui in realta’, e’ un ritorno pari pari alla situazione di prima. Il virus non e’ riuscito a spaventare l’intrepido, irrispettoso Bengalese che sta ritornando piano piano al “normale” normale. Unica eccezione le mascherine, indossate ancora dalla maggior parte delle persone, fatta eccezione per i giovani, quelli che se ne stavano a gironzolare senza far niente per le strade anche prima. Le portano i bambini di strada, i rickshawallah, gli autisti di Uber e i rider delle consegne a domicilio. Parlare di distanziamento sociale in questo paese e’ impossibile. Non c’e’ praticamente mai stato, se non quando c’era la polizia ad imporlo con il bastone.
La nuova normalita’ riguarda solo le persone dotate di senso civico, sempre troppo poche, quelle istruite o quelle che hanno una paura matta di ammalarsi. Ci sono quelle che non escono di casa ma poi invitano gli amici, quelli piu’ stretti si intende, a cena; quelle che indossano la mascherina ma poi se la abbassano quando devono spettegolare fitto fitto a due centimetri dalla tua faccia perche’ senno’ guai a chi sente, chi indossa la cuffia da chirurgo anche se non ho ancora capito bene che problema abbiano i capelli a rimanere esposti.
Il nuovo normale e’ sentire i mendicanti passare sotto le tue finestre il venerdì mattina a chiedere un aiuto. Madri accompagnate da figli piccoli e nonne al seguito. I rickshawallah che ti chiedono qualche centesimo extra che prima non avrebbero mai chiesto.
Il nuovo normale sono le lezioni online che proseguiranno per non so ancora quanto tempo visto che il governo pare non abbia alcuna fretta di riaprire le scuole. Con i dati attuali e un andamento del contagio che a quanto pare sta scendendo, siamo adesso a circa 1200 casi al giorno, nessun governo in Europa penserebbe di prolungare la chiusura delle scuole; pero’ andrebbe anche detto che a scuole aperte si dovrebbero intensificare i controlli e il tracciamento dei positivi, cosa che il governo qui ha ampiamente dimostrato di non saper gestire. Con due liceali e un professore universitario in famiglia, la casa si e’ trasformata in una scuola virtuale giornaliera, senza orari. Ognuno reclama la propria privacy. Lilia, la piccola, che divideva la camera con la grande, Bianca, si e’ trasferita nello studio del papa’.
Il papa’ ha traslocato sul tavolo del salotto buono e io, che non ho bisogno di Zoom o Windows Classroom per lavorare, mi ritrovo sul tavolo della cucina, che diventa ufficio quando serve da smantellare all’ora di pranzo e cena. Ognuno rinchiuso nella propria stanza, le due liceali di fronte a uno schermo, che ritrae di volta in volta il faccione dell’insegnante di turno, il professore che coreografa le sue lezioni davanti a una lavagna digitale, urlando e gesticolando pensando di essere ancora nella sua aula all’universita’ per farsi sentire anche dagli studenti dell’ultima fila. Lezioni a tutte le ore anche alle nove di sera; proibito girare in mutande per non rischiare l’imbarazzo di comparire in video, proibito guardare la TV perche’ disturba.
Sono saltati gli esami di licenza media, di maturita’ e di ammissione all’universita’ per centinaia di migliaia di studenti e le date di recupero non sono neanche all’ordine del giorno delle riunioni ministeriali.
Le domestiche a ore, che qui si chiamano bua, hanno ripreso a girare di casa in casa a prestare i loro servizi come prima.
Mia suocera, all’insaputa del figlio, l’ha richiamata dopo due mesi perche’ non ce la faceva piu’. Come lei, tante altre persone che non sono abituate a fare le faccende domestiche soprattutto lavare i pavimenti, scendere al negozio all’angolo a comprare il sale o il latte o i fiammiferi o a ricaricare il telefonino e fare il bucato. La lavatrice, come ho gia’ detto varie volte, e’ un lusso da stranieri, ricchi e expatriates. Gli autisti, invece, sono risultati i piu’ utili di tutti. Non rappresentando una minaccia di contagio perche’ abituati a rimanere ad aspettare in garage o nella saletta accanto alla portineria di cui tutte le palazzine a Dhaka sono dotate, sono rimasti in servizio per tutta la durata del lockdown, circa due mesi in tutto, e a maggior ragione ora che le ultime restrizioni sono state tolte. Sono stati usati per fare le commissioni d’urgenza durante il lockdown per evitare che la padrona o il padrone di casa dovesse uscire e rischiare il contagio.
Li riconoscevo subito quando li incrociavo a fare la spesa al supermercato. Attaccati al telefonino, chiedevano spiegazioni alla signora per non sbagliare: quale riso devo prendere? quello da 50 o 90 Taka? Le banane sono ancora un po’ troppo verdi, le prendo lo stesso? Mai una volta che si arrangiassero queste casalinghe, hanno sempre bisogno di qualcuno che spinga loro il carrello, che porti le borse della sposa, che apra la porta per salire e scendere dalla macchina.
La nuova normalita’ sono i carretti della frutta e della verdura che passano sotto casa con piu’ frequenza di prima; quelli che ti elencano la mercanzia sempre nello stesso ordine e con la stessa cantilena senza mai dimenticarne una.
La nuova normalita’ e’ viaggiare in macchina con i finestrini aperti perche’ usare l’aria condizionata a quanto pare e’ rischioso, far finta di non sentire lo strombazzare dei clacson e lo scampanellio dei rickshaw; continuare a rispettare le norme di sicurezza anche se noti che i disinfettanti all’entrata dei negozi e degli uffici sono sempre piu’ diluiti e ti rendi conto che il tipo che ti misura la febbre non sa leggere i numeri in inglese.
Non si capisce bene perche’, qui non si sia verificata una situazione simile a quella che sta ora avvenendo nella vicina India, dove i contagi raggiungono i 90.000 casi al giorno; non si capisce neanche perche’ negli slums della citta’ i contagi siano stati praticamente pari a zero. Conoscendo la situazione igienico-sanitaria di questi posti, l’inadeguatezza del sistema sanitario e la scarsa propensione al rispetto delle regole civili, tutti si aspettvano scenari apocalittici. Siamo stati fortunati e il sistema immunitario del Bengalese ha retto bene; ma io lo sapevo che non mi avrebbe deluso.